Ani DiFranco
Ani DiFranco, cantautrice e musicista è, dagli anni Novanta, un’istituzione mondiale della musica indipendente.
Icona femminista e paladina della cultura neo-punk, possiede un peculiare timbro vocale, capace di spaziare da rabbiose invettive a momenti di intensa angoscia.
Impegnata in tante battaglie civili e politiche, ha trapiantato in musica l’ideale delle “riot grrrl” in un’inconsueta mescolanza di sonorità punk e folk, riuscendo a vendere milioni di dischi senza venire mai a patti con il music business.
La sua musica ha abbracciato il punk, funk, hip hop, jazz, soul, elettronica e suoni ancora più lontani collaborando con star del calibro di Prince. Ha condiviso il palco con Bob Dylan, Bruce Springsteen, Pete Seeger, Kris Kristofferson, Bon Iver, Brand Carlile, Billy Bragg, Michael Franti, Chuck D. e molti altri e altre ancora.
Nata a Buffalo, negli Stati Uniti, il 23 settembre 1970, da padre di origini italiane e madre canadese, entrambi appassionati di musica folk, a soli nove anni ha cominciato a suonare cover dei Beatles nei locali con la sua insegnante di chitarra.
A quindici anni è andata a vivere da sola, si manteneva suonando in giro e intanto studiava alla Buffalo Academy for Visual and Performing Arts.
A diciotto, ha fondato la sua casa discografica, la Righteous Babe Records.
Il suo primo disco, Ani DiFranco è uscito nel 1990, da allora, ha sformato un nuovo album ogni anno.
Trasferitasi a New York, ha fatto parte di riot grrrl, il movimento internazionale femminista di matrice punk.
A 26 anni, senza aver avuto il minimo appoggio dalla grande distribuzione, aveva già venduto oltre un milione di copie dei suoi dischi.
Molto del suo materiale è autobiografico, anche fortemente politico, le sue canzoni professano un femminismo militante, con testi scabrosi e taglienti, che affrontano razzismo, sessismo, abusi sessuali, omofobia, aborto, povertà e guerra.
Ha scritto anche diversi libri, i suoi testi sono acuti, ironici, arrabbiati: raccontano, dal punto di vista di una donna che sa di avere nella propria femminilità al tempo stesso una debolezza e una forza, l’America di oggi, quella della falsa democrazia, del fascino dilagante per le armi, dello smarrimento dopo l’Undici Settembre. Lontana dai facili proclami politici di cui a volte il rock si infarcisce la bocca, alla banalità dello slogan preferisce costantemente l’intelligenza della metafora, usa le parole con sapienza sottile e agguerrita.
Impegnata per un mondo più giusto, è stata fonte di ispirazione per diverse generazioni di giovani donne. È apparsa su diverse copertine per la sua musica e il suo impegno. Si è esibita in innumerevoli concerti di beneficenze, ha donato canzoni in numerosi album di sostegno a diverse cause civili.
Nel 2004 era in prima fila alla Marcia delle Donne, fa parte del consiglio di amministrazione di Roots of Music, organizzazione che fornisce supporto scolastico e musicale a giovani indigenti. Fa parte del consiglio creativo di Emily’s List, per aiutare a eleggere donne democratiche e progressiste.
Premiata in ogni campo, ha vinto il Grammy, il Woman Courage Award della National Organization for Women, il Gay/Lesbian American Music Award per l’artista femminile dell’anno e il Woody Guthrie Award. L’Università di Winnipeg le ha dato la laurea ad honorem e ancora è stata premiata con Outstanding Achievement for Global Activism e nominata Campionessa della giustizia dal Centro nazionale per i diritti delle lesbiche.
Icona dell’impegno politico dagli anni Novanta, coraggiosamente non si è piegata alle major, è stata tra le prime donne della storia a creare la sua etichetta per pubblicare i dischi e non smette di essere di grande ispirazione, anche per le nuove generazioni.
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