Antonieta Rivas Mercado è stata una grande protagonista della vita culturale del Messico post-rivoluzionario.
Scrittrice, traduttrice, mecenate, promotrice culturale, ha rotto gli schemi sociali e preso posizioni chiare sulla condizione femminile all’inizio del Ventesimo secolo.
I suoi scritti, prevalentemente autobiografici, permettono di ricostruire la sua traiettoria di artista e tracciare le linee della sua vita affettiva e intima, il cui tragico epilogo, si è suicidata prima di compiere 31 anni, ha offuscato la sua complessa biografia e la rilevanza storica.
Nata a Città del Messico, il 28 aprile 1900, era la seconda figlia di Cristina Matilde Castellanos Haff e Antonio Rivas Mercado, noto architetto, creatore dell’iconico monumento l’Ángel de la Independencia. È cresciuta in quello che oggi è il museo Casa Rivas Mercado, nel centro della capitale, a contatto con intellettuali e stimoli culturali di ogni sorta.
Lettrice accanita e fluente in francese e inglese, aveva avuto accesso a un’istruzione che poche donne avevano a disposizione all’epoca. A tre anni ha scritto la sua prima poesia d’amore, dedicata a suo padre, con cui aveva un rapporto speciale e con cui era rimasta dopo la separazione dei genitori.
La Rivoluzione aveva segnato la vita della famiglia che, come tutte le altre, è stata testimone di violenze, morte, fame e abusi di potere.
A diciotto anni aveva sposato Albert Blair da cui ebbe un figlio. L’uomo mal sopportava la sua cultura e le sue idee progressiste, le aveva addirittura bruciato i libri che riteneva avessero su di lei un’influenza negativa. Dopo aver subito umiliazioni e condizionamenti aveva chiesto il divorzio, ingaggiando una lunga battaglia legale per la custodia del figlio.
Tornata nella casa della sua infanzia, alla morte del padre nel 1927, aveva utilizzato la fortuna ereditata per finanziare numerosi progetti culturali che hanno cambiato la storia del paese.
È stata mecenate del gruppo Los Contemporáneos, giovani intellettuali che hanno contribuito all’emergere di un’universalità di espressione culturale senza precedenti. Ha finanziato la creazione del Teatro Ulises che ha segnato la rottura col teatro tradizionale e curato diversi libri di autori emergenti. Insieme al compositore Carlos Chávez, ha fondato l’Orchestra Sinfonica Messicana, il più importante ensemble musicale che il Paese avesse mai visto. È stata la prima persona a tradurre in inglese le opere di Federico García Lorca.
Nella sua attività di mecenate, si è contrapposta a Diego Rivera che l’ha dipinta in un murale denigratorio.
Ha collaborato con la rivista Los Contemporáneos e per il periodico spagnolo El Sol.
Ha scritto saggi femministi come La donna messicana, in cui affermava che la cultura era l’unico mezzo di salvezza per le donne, sottolineando l’importanza dell’istruzione per “coltivare la mente e insegnare a pensare“.
Ha fondato il primo dipartimento per gli affari indigeni presso il Ministero dell’Istruzione e ha finanziato la campagna presidenziale di José Vasconcelos con cui ebbe una storia d’amore travagliata che ha segnato il suo destino.
Quando il politico perse la corsa alla presidenza nel 1929, come molti suoi sostenitori, fu costretta a lasciare il paese e andare a New York dove ha scritto Cronaca della campagna politica di José Vasconcelos (1928-1929) e tradotto La scuola delle donne di André Gide. Lì ebbe modo di conoscere e diventare amica e traduttrice del poeta spagnolo Federico García Lorca.
Con suo figlio, che aveva portato fuori dal Paese illegalmente, perché non ne aveva ottenuto la custodia, ha vissuto l’ultimo periodo della sua vita in condizioni precarie, aveva speso tutta la sua fortuna per finanziare attività culturali.
Successivamente, per seguire Vasconcelos si è trasferita a Parigi. Dopo l’ennesimo rifiuto dell’amante che era sposato con un’altra donna, già provata emotivamente dai travagli di una vita intensa e fuori dagli schemi, si è sparata al cuore nella cattedrale di Notre Dame.
Era l’11 febbraio 1931.
In una delle sue ultime lettere aveva scritto alla sorella: “La vita per me è stata sofferenza e lavoro, quest’ultimo il mio divertimento e sollievo. Non sono mai riuscita a portare un’anima leggera; qualcosa mi ha sempre pesato, e in verità, non auguro a nessuno una sorte simile“.
La sua grande casa, nel quartiere Guerrero, abbandonata dopo il suo suicidio, era caduta in degrado prima di diventare una scuola. Abbandonata per quasi un trentennio, è stata infine recuperata ed è diventata un museo.
Nel 1982 il regista Carlos Saura ha tratto un film sulla sua vita dal titolo Antonieta.
Nel novembre 2010, per celebrare il bicentenario dell’Indipendenza messicana, l’opera Antonieta di Federico Ibarra è stata presentata al Teatro Flores Canelo, Centro Nacional de las Artes di Città del Messico.
Antonieta Rivas Mercado è stata una donna ribelle e visionaria che ha contribuito con dedizione e col suo patrimonio alla modernizzazione del Messico e alla sua rinascita culturale.
Ha rotto gli schemi e combattuto contro i condizionamenti sociali. Ha vissuto assecondando le sue passioni e da queste è stata sopraffatta, soccombendo in giovanissima età.
https://www.unadonnalgiorno.it/antonieta-rivas-mercado/