Non si tratta di quante persone ci sono nella coppia, ma del ruolo che occupa nella società e di come quel ruolo non sia frutto di una scelta libera. Il pensiero monogamo ci organizza gerarchicamente, mettendo al centro quel nucleo e creando una graduatoria che lascia indietro altre forme di
legame. La coppia diventa la nostra identità. Ed è in competizione con il fuori. Deve essere meglio di tutto il resto. Anche la nazione si costruisce così, genera un ‘noi’ riproduttore come il noi della coppia, che nasconde le disuguaglianze interne e dice che quello che siamo è meglio di qualsiasi altra cosa. Tutto il resto è un potenziale nemico che ci dissolverà.
Brigitte Vasallo, scrittrice, ricercatrice e attivista femminista, è nota per la sua critica all’islamofobia di genere, al purplewashing, all’omonazionalismo e al concetto di monogamia come costrutto del capitalismo.
Il suo lavoro ruota attorno ai meccanismi di costruzione dell’alterità, con particolare interesse per la differenza sessuale e la scomparsa delle epistemologie contadine.
Nata a Barcellona nel 1973, è figlia di contadini galiziana, emigrati prima in Francia e poi in Catalogna.
Ha vissuto per molti anni in Marocco, esperienza che le ha consentito di acquisire la prospettiva del pensiero egocentrico e coloniale egemonico della società occidentale.
Tiene conferenze in tutto il mondo e collabora regolarmente con diversi media.
Già titolare della cattedra Mercè Rodoreda di Studi Catalani all’Università di New York, è docente del Master in Genere e Comunicazione dell’Università Autonoma di Barcellona.
È stata l’ideatrice del Primo Festival della Cultura Txarnega a Barcellona.
Tra i suoi libri tradotti in italiano ci sono Pornoburka (2020), Per una rivoluzione degli affetti. Pensiero monogamo e terrore poliamoroso (2022) e Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe (2023) che è stato finalista del Premio Inge Feltrinelli.
Il suo lavoro analizza l’intersezionalità tra razzismo e misoginia, con particolare riferimento a come colpisce le donne musulmane. In tal senso, denuncia il purplewashing e il pinkwashing, in sintesi, come il femminismo e i diritti LGBTI sono strumentalizzati per giustificare la xenofobia, cessando di essere fini a se stessi.
Nel testo Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe ci mostra i limiti di un approccio che cerca facili soluzioni al problema del linguaggio che universalizza ed esclude, mostrandoci le difficoltà di una vera contro egemonia all’interno del sistema in cui viviamo. Indaga su quali rinunce in termini di autenticità e dissidenza sono imposte a chi tenta di accedere alla produzione culturale a partire da condizioni di povertà e oppressione. Si chiede, ancora, se sia davvero possibile prendere parola senza che il pensiero universalista basato sul binarismo riduca a “subalterno” ciò che vorrebbe essere divergente.
Lo stesso sguardo disincantato e critico attraversa Per una rivoluzione degli affetti, nel quale ci mostra la pervasività di un sistema escludente anche in ambito relazionale, mostrando come la monogamia sia un costrutto figlio dell’occidente capitalista, mostrando le possibilità di un approccio diverso per un mondo diverso, per una radicale rivoluzione nelle relazioni, che siano sessuali, familiari o comunitarie.
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