Clara Immerwahr
Sono convinta che la vita valga la pena di essere vissuta solo se si fa pieno uso delle proprie capacità e si cerca di godere di ogni tipo di esperienza che l’esistenza umana ha da offrire.
Clara Immerwahr è stata la prima donna a ottenere un dottorato in chimica in Germania, pacifista durante la Grande Guerra e attivista per i diritti delle donne in una società che considerava superflua l’educazione femminile, è stata una scienziata appassionata a cui la mentalità del tempo e un marito egocentrico e indifferente, il premio Nobel Fritz Haber, l’inventore dei gas asfissianti, hanno impedito di esprimersi appieno.
Profondamente sconvolta e in dissenso col lavoro del coniuge sulle armi chimiche, si è sparata un colpo al petto a 44 anni, spirando tra le braccia del figlio adolescente.
Nata in una famiglia ebrea il 21 giugno 1870 a Polkendorff, vicino Breslavia, in Polonia che, ai tempi, faceva parte della Prussia orientale, è stata istruita in casa perché nel villaggio la scuola era solo per i maschi. Dopo la morte della madre, si è trasferita col padre a Breslavia e ha potuto studiare in un istituto superiore femminile, manifestando una grande passione per la chimica.
Dopo il diploma, ha provato ad accedere all’Università che all’epoca non ammetteva studentesse. Grazie alla sua tenacia e al sostegno di un padre illuminato, a partire dal 1896, ha ottenuto il permesso di frequentare dei corsi come uditrice e a superare il difficile test di selezione per accedere ai corsi postuniversitari. Il 12 dicembre 1900, è stata la prima donna in Germania a conseguire, col massimo dei voti, il dottorato in chimica.
Ha lavorato come assistente del supervisore della sua tesi, Richard Abegg, che la stimava molto e con cui ha scritto alcuni articoli scientifici. Insieme hanno pubblicato uno studio sulla dissociazione del fluoruro d’argento e uno sulle emulsioni di bromuro d’argento.
Nell’agosto del 1901 ha sposato Fritz Haber, chimico conosciuto per il suo lavoro sulla sintesi dell’ammoniaca, che ne ha sfruttato le capacità e conoscenze, trasformandola in una sorta di segretaria. Le ha fatto tradurre i suoi testi in inglese e, nonostante, fosse stata coautrice di un libro tratto dalle sue lezioni, il suo nome compare solo nella dedica.
Quando nel 1902 è diventata madre, il marito le ha intimato di mollare le sue ricerche per dedicarsi esclusivamente alle faccende domestiche e alla crescita del bambino. La donna ha iniziato a creare progetti come attivista per i diritti delle donne, tenendo un corso chiamato “Fisica e Chimica in famiglia” in diversi istituti femminili per sensibilizzare le ragazze sulle ambizioni e sul ruolo da occupare nella società, spingendole alla passione per la scienza e alla ricerca di una propria indipendenza.
Relegata al ruolo di moglie di un uomo ambizioso e concentrato esclusivamente sulla sua carriera, quando, nel 1902, è diventata madre, le sue ambizioni di ricerca sono state totalmente disilluse. Il ruolo di “consorte del professore”, con funzioni di rappresentanza e accudimento, le procurarono una profonda depressione, mentre, allo stesso tempo, decollava la carriera del marito, che aveva trovato il modo di ottenere l’ammoniaca a livello industriale.
Convinto sostenitore degli sforzi militari tedeschi, durante la prima guerra mondiale, ha ottenuto l’incarico di consulente scientifico presso il Ministero della Guerra, dove ha svolto un ruolo cruciale nella decisione di utilizzare i gas tossici sul fronte. Ha progettato e supervisionato la prima arma chimica di distruzione di massa della storia. Il 22 aprile 1915, nella cittadina belga di Ypres, i tedeschi hanno rilasciato quasi 170 tonnellate di un gas a base di cloro che colpisce i polmoni e gli occhi, causando cecità e problemi respiratori. Nell’arco di dieci minuti sono morte circa 5.000 persone.
Clara Immerwahr si è scagliata apertamente contro l’attività del marito, che definiva “una perversione degli ideali della scienza” e “un segno di barbarie, che corrompe in modo irreparabile una disciplina il cui scopo dovrebbe essere unicamente quello di elaborare e proporre nuove idee”.
Il 2 maggio 1915, quando questi è rientrato a Berlino per festeggiare il successo ottenuto in Belgio, dopo una furiosa litigata, la donna si è uccisa sparandosi un colpo al cuore con una delle pistole del marito che, il giorno dopo, è ripartito per supervisionare il primo attacco con i gas contro i russi sul fronte orientale, senza nemmeno partecipare al funerale della moglie. Prima di compiere quel gesto estremo, aveva scritto alcune lettere, andate subito distrutte, e non c’è prova che ci sia stata un’autopsia, di fatto la sua morte è avvolta nel mistero.
Tre anni dopo, nel 1918, Haber ha ricevuto il premio Nobel per la chimica per i suoi lavori sulla sintesi dell’ammoniaca.
Lo zelo nell’industria bellica lo aveva portato a produrre anche lo Zyklon, un agente fumigante che sarebbe stato usato ad Auschwitz. Ironia della sorte, essendo ebreo, non è stato risparmiato dalle leggi razziali naziste. Costretto all’esilio in Svizzera, è morto d’infarto a Basilea nel 1934.
Il loro unico figlio, Hermann Haber, è morto suicida nel 1946, alla stessa età della madre.
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