Cristina Rivera Garza
Scrittrice e docente universitaria. Ha vinto il Premio Pulitzer 2024 per il libro 'L’invincibile estate di Liliana' sul femminicidio di sua sorella
Penso che tra i compiti di chi scrive ci sia quello di costruire uno spazio di ascolto, in cui si possa praticare la cura gli uni degli altri e l’attenzione. E grazie a questa energia poter costruire un mondo diverso.
Cristina Rivera Garza è la scrittrice che ha vinto il Premio Pulitzer 2024 per Liliana’s Invincible Summer: A Sister’s Search for Justice, memoir autobiografico tradotto in italiano con il titolo L’invincibile estate di Liliana.
Docente di Studi Ispanici all’Università di Houston, ha fondato e dirige il dipartimento di scrittura creativa, il primo in lingua spagnola in tutto il paese.
È autrice di racconti e romanzi. Nessuno mi vedrà piangere ha vinto numerosi premi nazionali e ricevuto elogi da scrittori del calibro di Carlos Fuentes.
Nata il primo ottobre 1964, in Messico, nello stato di Tamaulipas, vicino al confine con gli Stati Uniti, ha iniziato a scrivere sin da giovanissima.
Laureata in storia dell’America latina, ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Houston e insegnato in diverse università tra Messico e Stati Uniti. I suoi studi sono stati pubblicati su riviste prestigiose.
Accanto alla carriera accademica, ha continuato a coltivare l’amore per la scrittura, diventando la scrittrice messicana più prolifica e premiata della sua generazione. Oltre ai suoi libri, ha partecipato ad alcune antologie e sperimentato la scrittura attraverso diversi blog, che oltre a sperimentare la partecipazione anche del pubblico, sono diventati degli spazi di editoria indipendente. Ha coniato il termine “tweetnovel” (tuitnovela in spagnolo) una sequenza temporale di un racconto scritta dai personaggi.
Ha impiegato trent’anni per scrivere L’invincibile estate di Liliana, sul femminicidio della sorella Liliana, studente di architettura uccisa a Città del Messico il 16 luglio 1990 dal suo ex fidanzato che non accettava che lei volesse lasciarlo e rifarsi una vita senza di lui.
Pubblicato nel 2021, è entrato subito a far parte delle migliori opere dell’anno del New York Times, del Washington Post, Economist e utilizzato come manifesto contro la violenza di genere e il femminicidio.
Ha ricostruito la storia della sorella partendo dalle indagini dell’epoca, raccontando la storia personale ma universale dell’ennesimo caso di violenza di genere, affinché la memoria della sorella, il suo passaggio terreno, non siano più messi a tacere nel silenzio del dolore.
Credo che gli scrittori non usino una lingua privata, che la lingua nella quale ci muoviamo sia sempre quella della collettività, della comunità a cui apparteniamo. Non avrei mai potuto scrivere questo libro senza la lingua che le donne hanno elaborato negli ultimi anni su questo tema, senza il linguaggio dei movimenti femministi che hanno cambiato i nostri paesi negli ultimi trent’anni, ha spiegato in un incontro pubblico.
In Messico undici donne ogni giorno vengono ammazzate per mano di un uomo, una cifra incredibile.
Il crimine di femminicidio è stato riconosciuto ufficialmente come un reato nel 2012, quando è stato incluso nel codice penale federale con l’articolo 325 che dice: “Commette il delitto di femminicidio chi priva della vita una donna per questioni di genere”. In molti paesi del mondo, tra cui l’Italia, questo tipo di reato non è stato ancora inserito nel codice penale.
Negli anni novanta avrei avuto a disposizione solo le parole del delitto passionale, che come sappiamo dà spesso la colpa alla vittima per la violenza subita. Avrei fatto del male a mia sorella e a me stessa. Ci sono voluti anni di cambiamenti. Avevo bisogno di un altro vocabolario. Abbiamo cambiato il nome alle cose, abbiamo smesso di chiamare la violenza con il lessico dell’amore romantico. Come sorella di Liliana e come scrittrice avevo bisogno di questo cambiamento, di rivoluzionare lo sguardo, di altre parole.
Determinante è stato, per la scrittrice, il momento in cui ha assistito alla performance Un violador en tu camino (uno stupratore sulla tua strada) del collettivo femminista cileno Las Tesis, è stato così che ha capito finalmente esistevano le parole per raccontare il femminicidio della sorella e delle orecchie pronte ad ascoltare un altro tipo di storia.
Ne è scaturito così un libro che racchiude diversi generi letterari: il memoir, l’autofiction, l’inchiesta, l’epistolario e il racconto.
Per Cristina Rivera Garza scrivere questo libro è stato anche un lavoro di restituzione e di memoria. “Riportare alla luce queste vite, sentire la mancanza di queste donne uccise è un modo di riportarle tra noi, sentire la loro mancanza è un modo per fare giustizia”, dice la scrittrice, che sta ancora aspettando che si svolga un processo sull’omicidio della sorella Liliana. L’uscita del libro ha contribuito ad accelerare le pratiche per riaprire il fascicolo d’indagine sull’omicidio.
L’invincibile estate di Liliana è stato scelto perché è “una storia che mescola memorie, giornalismo investigativo femminista e biografia poetica uniti a una determinazione nata dalla perdita”, questa la motivazione della giuria del Pulitzer.
L’attribuzione del prestigioso premio rappresenta una speranza per il presente: la promessa, forse, che qualcosa possa cambiare nel futuro.
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