Dorothy Thompson
First Lady del giornalismo americano
Dorothy Thompson, la First Lady del giornalismo americano, figura di enorme preponderanza nel mondo dell’informazione, nel 1939 è stata nominata da Time la donna più influente al mondo, al pari di Eleanor Roosevelt.
Prima giornalista statunitense espulsa dalla Germania nazista nel 1934, è stata una delle poche persone a intervistare Hitler denunciandone la pericolosità nel suo libro I saw Hitler.
Nata a Lancaster, New York, il 9 luglio 1893, era la prima figlia di Margaret Grierson e Peter Thompson, pastore metodista. Con la prematura scomparsa della madre, il padre si era risposato con una donna con cui lei non era mai andata d’accordo. Allevata a Chicago dalle zie, aveva ricevuto un’educazione insolita per una donna di inizio secolo scorso.
Laureata con lode in politica ed economia alla Syracuse University nel 1914, in un’epoca in cui alle donne era preclusa la carriera universitaria, aveva subito avvertito il dovere di mettersi al servizio di tutte coloro che erano meno fortunate di lei e abbracciato la causa suffragista.
Sin dai suoi primi articoli, pubblicati sul New York Times e sull’Herald Tribune, si è occupata di giustizia sociale.
Nel 1920 si è recata in Europa per diventare corrispondente estera. È stata l’ultima persona che ha intervistato Terence Mac Swiney, leader del movimento indipendentista irlandese Sinn Féin prima del suo arresto e consecutiva morte. L’intervista le aveva portato una certa notorietà e l’incarico di corrispondente da Vienna per il Public Ledger di Philadelphia.
Nel 1925 è stata la prima donna promossa a capo del servizio centrale europeo e tre anni dopo ha diretto la divisione tedesca del New York Evening Post a Berlino, da dove ha documentato l’ascesa al potere del Partito nazionalsocialista.
La sua più importante produzione saggistica e giornalistica estera è stata scritta nella Germania degli anni Trenta.
Nel 1931, a Monaco di Baviera, ha intervistato per la prima volta Adolf Hitler, incontro che le ha ispirato il suo celebre libro in cui ha scritto i potenziali pericoli della sua vittoria elettorale. Di lui, in un articolo per Harper’s Magazine del dicembre 1934, ha scritto:
È informe, quasi anonimo, un uomo le cui sembianze sono una caricatura, un uomo il cui scheletro sembra cartilagineo, senz’ossa. Egli è inconcludente e volubile, squilibrato ed insicuro: è il vero prototipo del piccolo uomo.
La notizia ebbe una grande attenzione mediatica internazionale, inclusa una prima pagina sul New York Times, dove venne dipinta come una sorta di eroina, una celebrità nota per i suoi sforzi nella guerra contro il fascismo.
Per 22 anni ha tenuto la rubrica “On the Record” sul New York Herald Tribune che in tiratura nazionale copriva un pubblico di dieci milioni di persone.
Ha intervistato capi di stato e tutte le più grandi celebrità e ha rappresentato un modello di donna intellettualmente impegnata a cui dare credito, stimata per acume e lungimiranza.
È stata una delle prima donne a condurre un programma radiofonico sulla NBC e quando la Germania nazista, nel 1939, ha invaso la Polonia, è rimasta in onda a commentare gli avvenimenti per quindici giorni e notti consecutive.
All’epoca era una delle donne più conosciute e apprezzate a livello internazionale tanto che il Time, che le aveva dedicato una copertina, l’aveva definita “la donna dei movimenti statunitensi per le donne. È letta, creduta e citata da milioni di donne che solitamente assumono le convinzioni politiche del marito”.
Stimata icona internazionale dell’informazione, nel 1941, sempre a proposito dell’ascesa di Adolf Hitler, ha scritto un articolo per Harper’s Magazine dal titolo Who goes nazi?.
Ha sostenuto il movimento sionista con cui aveva simpatizzato in Germania, diventando un’importante figura per la causa dei rifugiati ebrei che fuggivano dalle persecuzioni ed era riconosciuta come una delle celebrità che ne avevano fatto crescere il consenso.
Ma ha cambiato completamente le sue posizioni quando si è recata in Palestina nel 1945 e ha toccato con mano le terribili condizioni in cui versavano i coloni arabi.
Nel 1950 ha pubblicato un’aspra critica al sionismo statunitense sulla rivista Commentary, che le ha provocato accuse di antisemitismo.
Consapevole che l’ostilità dichiarata verso Israele equivalesse a un suicidio professionale, ha sostenuto che il sionismo fosse la “ricetta per una guerra perpetua“.
Diventata portavoce delle persone palestinesi rifugiate, ha fatto parte dell’American Friends of the Middle East.
Dopo un’intensa carriera, in cui ha trovato anche il tempo di sposarsi per tre volte e scrivere una ventina di libri, si è spenta a Lisbona il 30 gennaio 1961, aveva 67 anni.
La sua figura ha ispirato film e spettacoli teatrali, è stata interpretata da star come Lauren Bacall e Catherine Hepburn.
Le registrazioni dei suoi interventi alla NBC Radio, tenuti tra il 23 agosto e il 6 settembre 1939, sono state selezionate dalla Biblioteca del Congresso per la conservazione nel National Recording Registry nel 2023, ritenute di importanza culturale, storica ed estetica nel patrimonio sonoro nazionale.
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