Evelyn Hooker è la psicologa statunitense che è riuscita, attraverso il metodo scientifico, a convincere l’America che l’omosessualità fosse una caratteristica del comportamento sessuale e non una malattia.
Nel 1957, quando l’omosessualità era considerata un crimine dalla legge, un peccato dalla chiesa e un disturbo mentale dalla scienza, ha pubblicato L’adattamento psicologico del maschio omosessuale dichiarato il primo studio sulla depatologizzazione dell’omosessualità.
Il suo lavoro ha contribuito a dare credibilità scientifica alle battaglie condotte per i diritti delle persone Lgbtq+ e aperto la strada alla rimozione dell’omosessualità dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, nel 1974.
Anche se si è dovuto aspettare il 17 maggio 1990 per ottenere la cancellazione definitiva dall’elenco delle malattie mentali da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Nata col nome di Evelyn Gentry a North Platte, in Nebraska, il 2 settembre 1907 in una famiglia numerosa e umile che aveva incoraggiato figli e figlie a studiare, grazie a una borsa di studio, aveva potuto studiare all’Università del Colorado. Per mantenersi lavorava come domestica.
Un percorso tutto in salita, fatto di discriminazione e porte sbarrate. A Yale non era stata accettata perché era donna, aveva conseguito il dottorato in psicologia sperimentale all’Università di Baltimora.
Nel 1937 aveva frequentato l’Istituto di Psicoterapia di Berlino ospite di una famiglia ebrea e aveva toccato con mano le nefaste conseguenze delle leggi razziali.
Un viaggio in Unione Sovietica le aveva fatto perdere l’incarico al college dove insegnava, perché sospettata di aver maturato opinioni politiche sovversive.
Nel 1939 aveva fatto domanda nel dipartimento di psicologia dell’Università di Los Angeles ma non venne assunta perché la facoltà contava già tre presenze femminili, ma senza scoraggiarsi per il rifiuto era riuscita a ottenere una posizione da docente esterna.
Nel 1944, alla fine di una lezione, venne avvicinata da uno dei suoi studenti, Sam From, che le aveva confidato di essere omosessuale, grazie a questa profonda amicizia era entrata in contatto con la comunità gay di Los Angeles.
Testimone dell’odio antisemita nella Germania nazista, discriminata in quanto donna, abituata a conoscere sin da bambina bullismo e emarginazione, aveva iniziato una ricerca per verificare l’ipotesi che non vi fossero differenze tra maschi omosessuali e eterosessuali. Questo le avrebbe permesso di asserire che le persone omosessuali non fossero malate, come si pensava, e iniziare quel lungo iter che ha portato all’eliminazione dell’omosessualità dai disturbi mentali.
Nel 1951 ha sposato in seconde nozze Edward Hooker, da cui ha preso il cognome.
Fino ad allora gli unici studi sull’omosessualità riguardavano modelli animali, nessuno si era spinto a allargare la ricerca su soggetti umani. Ma la tenacia di Evelyn Hooker le ha permesso di ottenere i finanziamenti per la sua ricerca dal National Institute of Mental Health (NIMH) nel 1953 che l’ha sostenuta per otto anni.
Per realizzare il suo studio si era avvalsa di tre test psicologici progettati per misurare i tratti della personalità e la stabilità psichica ed emotiva: il TAT (Thematic Apperception Test), il MAPS (Make-a-Picture-Story) e il Rorschach. Vennero selezionati sessanta uomini, trenta eterosessuali e trenta omosessuali. Per ridurre al minimo il rischio di distorsioni, aveva scelto persone con caratteristiche simili accoppiate in base al quoziente intellettivo, all’età e al grado di istruzione, avvalendosi della collaborazione della Mattachine Society, una delle prime organizzazioni LGBT della storia. Ogni test veniva compilato in modo anonimo e consegnato a tre psicologi clinici che giunsero, indipendentemente, alla stessa conclusione: non vi era alcuna differenza psicologica misurabile tra i membri dei due gruppi; l’omosessualità come disturbo clinico non esiste, le sue forme sono varie come quelle dell’eterosessualità.
Nonostante alcuni limiti della ricerca, Evelyn Hooker ha tentato, con un approccio rigoroso, di fare affermazioni che hanno fatto da apri pista nei testi di psicologia e fornito una base scientifica per le decisioni più importanti in casi giudiziari come i divieti di lavoro a omosessuali in alcune agenzie statali e locali, scuole o dipartimenti di polizia.
In un clima segnato dalla caccia alle streghe del maccartismo, la sua ricerca è stata una piccola grande rivoluzione, un seme destinato a germogliare negli anni a venire.
Nel 1967 il National Institute of Mental Health le aveva chiesto di dirigere un gruppo di studio sull’omosessualità. Nel rapporto finale, frutto di oltre due anni di lavoro, veniva chiesto di eliminare ogni forma di discriminazione – politica, sociale, lavorativa – basata sull’orientamento sessuale.
Le parole chiave erano depenalizzazione e depatologizzazione. Dopo i moti di Stonewall fare finta di nulla non è stato più possibile.
Evelyn Hooker si è ritirata dall’UCLA nel 1970 e avviato uno studio privato a Santa Monica diventato subito un punto di riferimento per l’intera comunità LGBT californiana.
Nel 1992, ha ricevuto il Lifetime Achievement Award.
Nello stesso anno è uscito il documentario biografico Changing Our Minds: The Story of Dr. Evelyn Hooker, che ottenne una candidatura all’Oscar.
Diventata ormai un’icona dei diritti civili, è morta il 18 novembre 1996 a Santa Monica.
L’omosessualità non ha mai avuto una vita facile, attraversando periodi di accettazione e periodi di patologizzazione. L’aspetto della malattia fonda le sue radici nel medioevo, quando veniva definita “vizio morale”, per poi essere inquadrata come “disturbo mentale” a causa dell’opera di von Krafft-Ebing, “Psychopatia Sexualis”, del 1886, dove veniva affiancata a pedofilia e sadomasochismo. Anche in ambito psichiatrico è rimasta a lungo presente sia nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM III) che nella classificazione internazionale delle malattie ICD-10.
Oggi sappiamo, invece, che è una caratteristica del comportamento sessuale e rientra tra gli orientamenti sessuali possibili.
Questo grazie all’importante contributo scientifico di Evelyn Hooker.
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