Fannie Sellins
Sindacalista statunitense, brutalmente uccisa durante uno sciopero di minatori, nel 1919.
Mi accusano di aver portato scarpe ai bambini di Colliers. Quando penso ai loro piedi scalzi, blu a causa del freddo pungente dell’inverno, sono ancora più convinta del fatto che, se è sbagliato aiutare quei bambini, continuerò a commettere un reato finché avrò mani o piedi per strisciare sino a lì.
Fannie Sellins è stata una importante sindacalista statunitense che ha vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, in un’epoca in cui uomini, donne e anche bambini, erano costretti a lavorare in condizioni inumane per sopravvivere.
Una donna che non ha mai avuto paura di schierarsi e stare dalla parte degli ultimi, degli emarginati, dei miserabili, nonostante il carcere, nonostante le minacce, fino all’ultimo istante della sua vita, quando è stata ammazzata per aver difeso un minatore da un pestaggio della polizia.
Nata col nome di Frances Mooney a New Orleans nel 1867, si era trasferita a St. Louis col marito, Charles Sellins.
Rimasta vedova molto giovane ha dovuto lavorare duramente per provvedere ai quattro figli e figlie. Era operaia in una fabbrica di abbigliamento quando, i soprusi vissuti sulla propria pelle e l’alto senso di giustizia e equità, le hanno fatto partecipare all’organizzazione del primo sindacato delle lavoratrici tessili in cui ha negoziato per conto di 400 operaie.
Nel 1913 si è trasferita nel West Virginia per collaborare con gli United Mine Workers. Col suo fervore è riuscita a reclutare un numero ingente di minatori di diverse etnie.
Ha guidato importanti scioperi e si è sempre prodigata per fornire assistenza a chi era in difficoltà. Aiutava le donne sole, le famiglie indigenti, dava cibo agli orfani, organizzava raccolte di alimenti, abiti, medicine e coperte da distribuire a chi ne aveva bisogno.
Quando venne arrestata durante uno sciopero a Colliers, il sindacato, per sostenerla, organizzò un’ampia campagna per ottenere la grazia presidenziale.
Dopo aver ricevuto migliaia di cartoline che la raffiguravano dietro alle sbarre, il presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, si mosse per il suo rilascio.
In tutta la sua intensa attività ha continuato a ignorare i decreti ingiuntivi ed è rimasta in prima linea a picchettare e aiutare.
Nel 1919 venne assegnata al distretto di Allegheny River Valley, una regione piena di miniere e impianti siderurgici, chiamata la “valle nera”, per la violenza con cui le autorità reprimevano qualsiasi tentativo di emancipazione sociale.
Il 26 agosto 1919, durante un’agitazione dei lavoratori delle miniere, una dozzina di uomini dello sceriffo, insieme ad un gruppo di guardie, avevano attaccato con una violenza inaudita.
Fannie Sellins si era lanciata verso i picchiatori cercando di proteggere un lavoratore in fin di vita e alcuni bambini, figli di scioperanti. Riconoscendola, le guardie le diedero la caccia e, dopo averla atterrata con una mazza, le spappolarono il cranio e le spararono alla testa e alla schiena. Non contenti si fecero beffe del cadavere per intimorire gli astanti.
Ai suoi funerali ha partecipato una folla di 10.000 persone per renderle omaggio.
Per il suo omicidio, una giuria della Pennsylvania decretò che l’unica colpevole era la vittima e gli assassini vennero assolti.
Nel 1920, gli United Mine Workers le hanno eretto un monumento commemorativo.
La storia del suo coraggio, altruismo e della brutale morte che le è stata riservata, deve continuare a essere raccontata per ricordare il suo importante ruolo nella lotta per i diritti di lavoratori e lavoratrici.
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