Per quanto grande sia il mio dolore, io non dubito un solo istante: l’amore, i sentimenti personali non sono niente di fronte alla realtà della lotta.
Inessa Armand, importante rivoluzionaria russa di origine francese, è stata la più fidata collaboratrice di Lenin e ha ricoperto ruoli apicali nel governo.
Appassionata, colta, poliglotta, impegnata nella lotta per i diritti delle donne, sostenitrice del libero amore, si è votata anima e corpo alla causa bolscevica.
Ha conosciuto il carcere e il confino. Consapevole dei limiti del partito riguardo all’indipendenza delle donne, battaglia che ha portato avanti per tutta la sua vita, non ha esitato a criticarlo. Ha abbracciato l’utopia del mondo nuovo ed è stata una grande mediatrice.
Nata col nome di Elise Ines Stéphanne, a Parigi l’8 maggio 1874, suo padre Théodore era un cantante d’opera e sua madre Nathalie Wild, di origini olandesi, probabilmente era un’attrice.
Aveva cinque anni quando i genitori si separarono e venne mandata a Mosca dalla zia e la nonna che lavoravano come governanti e insegnanti di francese e di musica presso gli Armand, una ricca famiglia di industriali tessili di cui, a diciannove anni, nel 1893, aveva sposato il primo figlio maschio, Aleksandr, da cui ebbe quattro figli e figlie.
Su suo incitamento, il marito prese parte attiva nello zemstvo della provincia di Mosca, finanziò la costruzione di un ospedale e di una scuola per i figli degli operai e dei contadini di Puškino, dove ella stessa insegnò.
Nel 1897 ha fondato la Società di protezione e d’emancipazione della donna, che aveva lo scopo di sottrarre le donne alla prostituzione e all’alcolismo e che che era in contatto con i movimenti femministi europei.
L’amore per la politica e il bisogno d’indipendenza, l’aveva portata a lasciare il marito per rincorrere i suoi ideali e desideri.
Dal 1903 al 1904 dopo un viaggio in Italia, ha soggiornato in Svizzera, lì, tra le persone esiliate, ha scoperto gli scritti di Lenin e conosciuto al marxismo. Tornata in Russia con le valigie cariche di pubblicazioni illegali e pregna di idee rivoluzionarie, si è iscritta alla facoltà di giurisprudenza e iniziato a insegnare privatamente lingue e musica.
Iscritta al Partito Socialdemocratico del Lavoro di cui è stata una tenace propagandista, nel 1907 venne arrestata e condannata a due anni di confino in Siberia.
A Bruxelles, nel 1910 si è laureata in economia politica nella laica Université nouvelle.
Dopo aver partecipato all’VIII Congresso dell’Internazionale Socialista a Copenaghen, si era stabilita a Parigi, dove ha conosciuto Lenin e sua moglie Nadežda Krupskaja ed è entrata a far par parte della direzione del gruppo bolscevico stanziato nella capitale francese. Ebbe con l’uomo, un’intensa relazione sentimentale durata undici anni oltre che una stretta collaborazione lavorativa.
La sua straordinaria capacità politica e lo spessore culturale, accompagnati a una inesauribile passione rivoluzionaria, le fecero assumere incarichi di grande responsabilità.
Nel 1911 è stata segretaria del comitato di coordinamento dei bolscevichi in Europa occidentale e l’anno seguente è tornata in Russia per organizzare la campagna elettorale del partito per le elezioni della Duma.
Dopo aver trascorso altri sei mesi in carcere, nel 1913 aveva raggiunto i Lenin in Galizia, dove ha pubblicato l’opera Rabotnitsa.
La sua militanza politica è stata fatta anche di divulgazione. Entrava nelle fabbriche e ascoltava le istanze delle operaie. Ha anche contribuito alla creazione della rivista Rabotnica (L’Operaia), scritta da tutte donne il cui primo numero era uscito l’8 marzo 1914.
Impegnata su più fronti, ha partecipato agli incontri del movimento di Zimmerwald e nel marzo 1915 ha organizzato la Conferenza internazionale pacifista delle donne socialiste a Berna.
Nell’aprile del 1917 era nel treno che riportava i ventisei rivoluzionari a Pietroburgo, per completare il processo culminato nella vittoria della Rivoluzione d’Ottobre.
Con la conquista del potere, è stata Commissaria del Popolo per l’Assistenza, ha fatto parte del comitato esecutivo del Soviet e, fino alla sua morte, è stata Presidente della Commissione femminile del Comitato Centrale del partito.
Nel febbraio 1919 ha fatto parte della missione della Croce Rossa per rimpatriare i prigionieri di guerra russi.
Ha diretto lo Zhenotdel, organizzazione deputata allo sviluppo dell’uguaglianza femminile nel partito e nei sindacati e, nel 1920, ha presieduto il primo Congresso Internazionale delle donne comuniste e collaborato alla rivista Kommunistca. In quel breve periodo è stata la donna più potente di Russia.
Nonostante la sua salute cominciava a declinare, non si è sottratta ai suoi impegni. Dopo aver partecipato al II Congresso dell’Internazionale Comunista, priva di forze, era partita per andare a ricoverarsi in una casa di riposo.
È morta di tifo il 24 settembre 1920 a Nal’čik nel Caucaso, aveva 46 anni. È stata sepolta a Mosca, unica straniera insieme a John Reed, giornalista e militante comunista noto per la sua narrazione della rivoluzione, nel cimitero rosso, davanti al Cremlino.
Il regime sovietico ha fatto di tutto per tenere segreto il profondo legame che aveva con Lenin che vedeva nell’amore libero una rivendicazione puramente borghese.
Si fidava ciecamente di lei, la loro unione si nutriva dell’ardore politico, dell’ebbrezza di ideare e partecipare a un cambiamento storico epocale, ma anche di fascinazione, attrazione e tenerezza.
La figura scomoda di Inessa Armand, donna libera fino in fondo e quindi scomoda, è stata volutamente cancellata dalla storia.
Ma la storia non l’ha dimenticata.
Nel libro Di questo amore non si deve sapere, Ritanna Armeni, ha seguito le sue tracce nelle poche testimonianze e biografie esistenti e ha ripercorso i suoi passi in Europa, restituendone un importante ritratto da cui è stato attinto questo articolo.
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