Iole Mancini è stata l’ultima partigiana sopravvissuta degli orrori di Via Tasso, la prigione simbolo della ferocia dell’occupazione nazista a Roma.
Torturata a più riprese, non ha mai tradito il marito e i compagni di lotta.
Nata a Nemi, piccolo paesino dei Colli Albani in provincia di Roma, il 19 febbraio 1920, in piena guerra, il 5 marzo 1944, aveva sposato Ernesto Borghesi, studente di medicina e sergente assegnato all’ospedale militare del Celio. Entrambi erano inquadrati nei GAP (Gruppi di Azione Patriottica) della Brigata Garibaldi, con cui affrontavano la lotta partigiana e la clandestinità.
Lei ricopriva il ruolo di staffetta coi compiti di distribuire cibo, munizioni e volantini e segnare e segnalare gli spostamenti delle truppe naziste. Lui aveva partecipato a un attentato contro il tribunale militare tedesco presso l’Albero Flora, un attacco alla colonna della Wermacht in via Rasella e al fallito attentato in via Lima a Vittorio Mussolini, figlio del duce e pericoloso riorganizzatore delle forze fasciste.
Il marito, catturato il 7 aprile 1944, venne portato a Regina Coeli, dove facendosi passare per un rapinatore era riuscito a evadere.
Per rappresaglia, i tedeschi arrestarono tutta la sua famiglia e incarcerarono Iole Mancini, che venne portata nel carcere di via Tasso, sede della Gestapo, dove venne più volte interrogata dal famigerato comandante delle SS Erich Priebke. Ma lei, nonostante la ferocia delle torture, non aveva aperto bocca, d’accordo con le altre detenute con cui aveva stretto il patto di non rivelare informazioni ai nazisti sulle attività dei propri compagni, nonostante le condizioni disumane e le indicibili sofferenze.
Nella notte fra il 3 e il 4 giugno, mentre gli alleati si accingevano ad entrare da sud nella Capitale, i tedeschi in fuga caricarono due camion di persone detenute nel carcere per trasferirle a Verona; erano in gran parte aderenti alle Brigate Matteotti o membri del Fronte militare clandestino. Ma, un guasto all’automezzo su cui era stata caricata, le aveva salvato la vita.
Il gruppo che era salito sull’altro camion, venne interamente giustiziato nell’eccidio de La Storta. Ritornata in cella, il giorno dopo venne liberata dagli americani.
Per tutta la vita Iole Mancini ha testimoniato la ferocia nazifascista e i valori di libertà e giustizia. Amava soprattutto andare nelle scuole a confrontarsi con le nuove generazioni, per condividere e diffondere la memoria collettiva dei tempi più bui.
Nel 2022 ha raccontato la sua storia nel volume Un amore partigiano scritto con il giornalista Concetto Vecchio, presentato al Quirinale in presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Si è spenta a Roma il 2 dicembre 2024, a 104 anni era una delle ultime testimoni della Resistenza.
Il 2 giugno è la Festa della Repubblica in tutta Italia ma la mia data di liberazione è il 4 giugno, perché finalmente gli italiani erano liberi, liberi di esprimersi, liberi di abbracciarsi, liberi! Questa parola per me è stata sempre magica. Acquistare la libertà dal nazifascismo, è stata una vittoria, una gioia e poi dopo hanno ammesso al voto le donne, finalmente potevano partecipare alla vita pubblica, questa è la vittoria più grande che abbiamo ottenuto.
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