La nostra Resistenza era prima di tutto la fame di un popolo, la paura che ti azzerava la salivazione e ti torceva lo stomaco. Diventare partigiana, per me, è stata una logica conseguenza della mia educazione, ce l’avevo nel sangue. Eravamo tutti convinti non di rifare l’Italia ma di rifare il mondo, un mondo più libero e più giusto.
Francesca Laura Wronowski è stata una figura importante della Resistenza in Liguria, militando nella brigata Giustizia e Libertà ha partecipato a numerose azioni, fra cui la liberazione dei prigionieri ebrei dal campo di Calvari, vicino Chiavari.
Nata a Milano il 1° gennaio 1924 da una famiglia benestante di origine polacca per linea paterna, i suoi genitori erano Anita Titta, che gestiva un atelier di sartoria e Casimiro Wronowski, avvocato e giornalista del Corriere della Sera.
Era la nipote di Giacomo Matteotti, sposato con sua zia, la sorella di sua madre. L’assassinio del deputato socialista da parte dei fascisti, che ha segnato il corso della storia e della politica italiana, aveva stravolto inesorabilmente il destino della loro famiglia. Suo padre lasciò per protesta l’incarico al giornale (non venne reintegrato neppure alla fine della guerra) e si trasferirono a Finale Ligure, per i problemi di salute di Laura e suo fratello. Lasciati gli agi della città e senza più il lavoro dei genitori, si ritrovarono in una condizione di emarginazione, ristrettezze economiche e continuo controllo da parte della polizia.
Nel 1943, col nome di battaglia Kiky, anche se si è sempre fatta chiamare Laura, era entrata a far parte della brigata partigiana Giustizia e Libertà, intitolata a Giacomo Matteotti.
Per diciotto mesi, lontana dalla famiglia, sfidando i pericoli con un piccolo e sgangherato commando, ha fatto da staffetta in bicicletta, portava ordini da un campo all’altro, ha aiutato come infermiera e combattuto in numerose azioni di guerriglia contro le squadre fasciste e i convogli tedeschi.
Suo padre venne arrestato dai fascisti e condotto alla Casa dello Studente di Genova, sede della Gestapo, luogo famoso per le atroci torture che venivano inflitte a danno dei prigionieri. Lo scopo dell’arresto era quello di estorcere informazioni utili su Laura e sua sorella Natalia, legate al comandante “Umberto”, ricercato numero uno della brigata. Venne tenuto in prigionia per due mesi prima di essere barattato con un ufficiale tedesco.
Tra giugno e luglio del 1944, Laura Wronowski ha partecipato alla liberazione del Campo di concentramento di Calvari in cui erano internati trenta ebrei.
Terminata la guerra, la famiglia è tornata a Milano e lei ha iniziato a collaborare con un giornale, diventando professionista nel 1951.
Commendatore al Merito della Repubblica Italiana, nel 2016 è stata insignita della Medaglia di Liberazione dal Ministero della Difesa. Nel 2018 ha ricevuto il premio nazionale ‘Renato Benedetto Fabrizi‘ per l’impegno profuso nella difesa della libertà nazionale durante gli anni della sua giovinezza. Nel 2018 la città di Milano l’ha insignita con l’Ambrogino d’oro per il ruolo svolto durante la Resistenza: staffetta informatrice, infermiera tuttofare e pioniera della formazione di Giustizia e Libertà.
Sempre in prima linea per diverse cause sociali, per tutta la vita ha portato la sua esperienza e testimonianza in consessi pubblici, scuole, piazze, teatri, per ricordare i valori portanti del movimento partigiano e della Costituzione.
Nel 2014 ha interpretato se stessa nel documentario La memoria degli ultimi, realizzato con l’ANPI.
Nel 2019 è stata pubblicata la sua biografia, dal titolo Con l’anima di traverso. la storia di resistenza e libertà di Laura Wronovski, scritto dalla giornalista Zita Dazzi.
Si è spenta a Milano il 22 gennaio 2023, aveva 99 anni.
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