Madame de Staël
Non dovrebbe ogni donna, come ogni uomo, seguire la propria inclinazione e i propri talenti?
Anne-Louise Germaine Necker, baronessa di Staël-Holstein, passata alla storia con il nome di Madame de Staël, è stata pensatrice, romanziera e saggista.
Autrice di opere letterarie che hanno avuto grande impatto nel panorama culturale dell’Europa dell’Ottocento e segnato il Romanticismo, politicamente impegnata, celebre per le sue capacità di eloquio e il suo cosmopolitismo, è sopravvissuta alla Rivoluzione francese ed è stata più volte esiliata da Napoleone contro cui si è schierata apertamente.
Assistendo al passaggio cruciale dall’Ancien Régime alla nuova era e impegnata in favore del progresso e della libertà, la sua esistenza è stata percorsa da un’ansia di rinnovamento che ha trovato linfa nell’idealismo romantico tedesco.
Di origine svizzera, nacque a Parigi il 22 aprile 1766. Suo padre era il banchiere ginevrino Jacques Necker e sua madre Suzanne Curchod, austera calvinista, colta e benefattrice, amante della letteratura che ha fondato l’ospedale pediatrico Hôpital Necker-Enfants malades.
Nel salotto materno usavano incontrarsi alti funzionari di Stato, finanzieri e esponenti dell’Illuminismo, con cui ebbe modo di entrare presto in contatto. È cresciuta coltivando i liberali principi di Jean-Jacques Rousseau e si dice che, a soli undici anni, fosse già in termini confidenziali con Diderot, d’Alembert, Gibbon e Mme du Deffand.
Nel 1777 suo padre venne nominato Ministro delle Finanze del Regno di Francia, l’uomo più popolare e potente dopo il sovrano che, nel 1781 ne aveva chiesto le dimissioni dopo la pubblicazione di un rendiconto in cui illustrava il deficit del bilancio e la lista dei privilegi esorbitanti accordati ai favoriti della Corte. Richiamato successivamente dal governo, dopo una serie di alterne vicende, nel 1790 si era dimesso definitivamente per ritirarsi nel suo castello in Svizzera, a Coppet.
A vent’anni, nel 1786, ha sposato il barone e diplomatico svedese Erik Magnus Staël von Holstein, ex cancelliere della regina di Svezia, diventato poi ambasciatore. Un uomo molto più grande di lei, di media intelligenza e di modesta cultura, che non reggeva il confronto con la brillante consorte, il cui entusiasmo ha a lungo animato il suo salotto parigino di Rue du Bac, importante luogo di incontro tra politici e letterati.
Appassionata di politica, nel maggio 1789, si è unita alle riunioni degli Stati Generali a Versailles a cui è seguita la riunione dell’Assemblea Costituente e poi la Presa della Bastiglia il 14 luglio.
Dopo aver creduto, inizialmente, alla Rivoluzione, ne ha poi denunciato le derive in quello che si può considerare come il primo trattato di politologia moderna, le Considérations sur les principaux événements de la Révolution française (pubblicato postumo nel 1818) in cui ha condannato gli arresti e le esecuzioni arbitrarie, caldeggiando una monarchia illuminata all’inglese. Nel suo romanzo Delphine, ha raccontato gli arresti, la violenza e il destino degli esuli.
In un primo tempo aveva ammirato Napoleone ma, appurandone il disegno autoritario, era diventata una sua strenua oppositrice, atteggiamento che ha pagato con lunghi anni di esilio.
Lo aveva incontrato due volte e di lui scrisse che era “un tiranno spietato che considerava gli individui come pedine su una scacchiera da lui controllata“.
Dopo la pubblicazione di De la littérature considérée dans ses rapports avec les institutions sociales, il suo primo approccio filosofico all’Europa, se lo era fatto definitivamente nemico.
Riparata in Germania, l’incontro diretto con la cultura tedesca e con alcuni dei suoi protagonisti come Goethe e Schiller, l’aveva segnata profondamente.
Durante la sua residenza forzata in Svizzera, che ha costituito per lei una vera e propria officina di idee, usava girare da una stanza all’altra senza mai staccarsi dal suo scrittoio portatile e aveva fondato il Gruppo di Coppet, composto da intellettuali chiamati a dare un senso alla drammatica accelerazione della Storia e a ripensare le forme del potere. Uno spazio di libero confronto, forse l’unico nel cuore di un’Europa asservita, dove la resistenza all’espansionismo imperiale si fondava non sull’orgoglio dinastico o nazionale, ma su principi morali.
Dopo un viaggio in Italia, ha scritto Corinne ou l’Italie (1807), romanzo in parte autobiografico.
Del 1810 è il suo libro più importante, De l’Allemagne, che introduce la poetica romantica in Francia che venne censurato dal governo e considerato un affronto per l’Imperatore. A renderglielo ancora più odioso era il fatto che fosse stato scritto da una donna.
Bonaparte non è solo un uomo, ma un sistema, (…). Bisogna quindi vederlo come un grande problema, la cui soluzione è importante per il pensiero di tutte le età.
Nel 1812, per sfuggire alla sorveglianza sempre più stretta della polizia, era scappata affrontando un viaggio rocambolesco che l’aveva portata fin nella Russia in fiamme, raggiungendo la Svezia per poi sbarcare in Inghilterra.
È morta a Parigi il 14 luglio 1817 lasciando un ricco elenco di opere nelle quali si schiera in favore di una letteratura europea, popolare e di una poesia sgombra dai vincoli del classicismo. Ha innescato una disputa tra “classici” e “romantici” che si è protratta anche dopo la sua scomparsa, consacrandone l’influenza di grande intellettuale.
Lucida e passionale, dinamica e tormentata, “vive et triste”, come si era definita, è stata una donna carismatica, inquieta, esigente. A detta delle persone che le stavano vicino, sulle quali esercitava una sorta di amorosa tirannide, senza di lei non si poteva vivere, ma neanche insieme a lei.
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