Abbiamo bisogno di utopie. Perché l’utopia ci ubriaca e ci tira in avanti. Perché l’utopia ci fa ostinate. Perché l’utopia disturba e fa che nessuno venga a patti per nulla con noi.
Abbiamo da chiedere un dizionario intero di mille tomi, di tutti gli idiomi. Possiamo rimescolare tutti e ognuno di questi significati.
Il mondo dell’arte mi dice: ti diamo uno spazio. E io gli dico: non sto facendo arte, sto facendo politica.
María Galindo, psicologa anarchica e femminista, ha fatto della ribellione contro ogni potere autoritario del corpo e della mente, dello stato e del patriarcato, della famiglia e del capitale, la sua ragione di vita.
Nata il 15 settembre 1964 a La Paz, in Bolivia, il suo destino sembrava essere quello del convento. Dopo il diploma, infatti, era andata a studiare per diventare suora nell’università vaticana. Quest’esperienza ha ribaltato totalmente le sue prospettive e, tornata in patria, nel 1992, ha iniziato il suo impegno femminista e contribuito a fondare il Movimiento Mujeres Creando, un collettivo sociale che combatte contro sessismo e omofobia perseguito e denunciato dai vari governi, con cui si è resa protagonista di tante battaglie civili e politiche.
Nel 2006 si è candidata all’Assemblea costituente per il Movimiento Bolivia Libre (MBL) come atto simbolico di critica al processo stesso. In questo contesto ha redatto e pubblicato La Constitución Política Feminista del Estado.
Nel 2007, insieme alla scrittrice argentina Sonia Sánchez, ha scritto Ninguna mujer nace para puta, presentato nella Plaza Once di Buenos Aires, ribattezzata Plaza de los Prostituyentes per denunciare la tratta e lo sfruttamento sessuale, in un’azione pubblica che è servita come lancio del libro.
Nello stesso anno ha iniziato a co-dirigere l’emittente radiofonica Radio Deseo e a presentare il programma La loca mañana.
Nel 2013 ha pubblicato No se puede descolonizar sin despatriarcalizar, in cui critica il patriarcato come base di ogni dominazione, compreso il razzismo.
Ha organizzato la Passerella Femminista, che ha messo a confronto, in maniera provocatoria, i corpi femminili bianchi ed eterosessuali idealizzati dai mass media, con quelli reali delle donne indigene che si esponevano su passerelle improvvisate esibendo vestiario e consuetudini della loro quotidianità.
Ha presentato il libro No hay libertad política sin libertad sexual, prodotto di una ricerca condotta tra il 2015 e il 2016 in seno all’Assemblea legislativa plurinazionale sull’omofobia e nel 2021 ha pubblicato Feminismo Bastardo.
Nel 2023 ha partecipato al Tavolo sui Diritti Umani nell’Incontro Femminista Internazionale per un Mondo Migliore promosso dal Ministero dell’Uguaglianza del governo spagnolo.
Salendo in piedi sul tavolo, ha tenuto un applaudito discorso contro il mondo che non le piace, quello contro cui si batte da una vita intera. Classifica e chiama “difesa dei Diritti Umani” quell’insieme di lotte pericolose e sovversive che non possono essere cancellate e costituiscono un pericolo per l’ordine sociale dominante. Che la società capitalista ed ecocida, segnata tanto in profondità dalla cultura patriarcale (che lei chiama “machocrazia”) e coloniale, è solita premiarle e provare ad addomesticarle con l’etichetta di Diritti Umani proprio per depoliticizzarle, ammorbidirle ed espellerle dal campo a cui appartengono realmente, il campo dell’invenzione di nuove forme e radici della politica.
Non abbiamo affatto bisogno di aggiungere diritti sempre nuovi e sempre enunciati il cui esercizio ci viene nei fatti vietato in modo sistematico, ha detto. Così come non abbiamo alcun interesse a prendere il potere, cioè a sostituire il vecchio con un potere nuovo che prometta di essere migliore. Di fronte a quel potere, alla sua natura, quale che ne siano gli interpreti, non possiamo che ribellarci costruendo inedite pratiche politiche in basso. Pratiche antipatriarcali, anticapitalistiche e anticoloniali, altro che mondo migliore. Il mondo delle mujeres parla un’altra lingua, ha una cultura politica antitetica a quella che ci viene spacciata per la sola possibile e si colloca in un universo che non ha nulla a che vedere con quello che sta cadendo a pezzi e gronda stantìe retoriche sui diritti tra un marketing elettorale e l’altro.
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