Artista marocchina che vive a New York, Meriem Bennani amplifica la realtà per mettere in discussione la società contemporanea e le sue identità frammentate.
Vincitrice dell’Eye Art & Film Prize 2019, rappresenta in chiave pubblica o intima, contesti sociopolitici, attraverso video, disegni, film e installazioni multimediali che utilizzano in maniera fantasiosa tecnologie digitali come l’animazione 3D, la mappatura della proiezione e la motion capture.
I suoi video sono pubblicati in serie su piattaforme web, in installazioni proiettate su superfici architettoniche attraverso l’interazione con oggetti scultorei. Sebbene gran parte della sua produzione si può annoverare nella online art la sua poetica ha molto a che fare con il mondo reale, con la gioia di vivere e il desiderio di restituire un rapporto emotivo diretto con le cose.
Nata a Rabat nel 1988, si è laureata in arte alla Cooper Union di New York e specializzata all’École Nationale Supérieure des Arts Décoratifs di Parigi.
Nelle sue opere, esamina le conseguenze della globalizzazione, come lo sradicamento dal mondo di provenienza, la rottura dei legami di continuità con le proprie origini e l’accesso a nuovi modelli che contribuiscono a plasmare identità culturali fragili provocando profonde crisi che si riversano molto spesso nelle tematiche di genere.
In Gradual Kingdom, presentato alla galleria SIGNAL di Londra nel 2015, attraverso l’utilizzo di video, disegno e scultura, affronta la relazione tra la sua città natale e le reti globali di scambio.
L’anno seguente, al MoMA ha presentato FLY una coreografia stratificata di proiezioni che evocavano l’occhio caleidoscopico di una mosca animata che attraversa Rabat, trasportandoci in mercati, feste, interviste con i parenti, fermandosi di tanto in tanto per cantare una versione distorta di Kiss It Better di Rihanna.
Nel 2017 ha prodotto, per la Stanley Picker Gallery della Kingston University di Londra Siham and Hafida, installazione video in cui, con linguaggi contaminati, racconta le complessità intergenerazionali delle forme culturali in evoluzione, incarnate da due popolari cantanti chikha marocchine di diverse età.
Fardaous Funjab è un reality show itinerante che ha per protagonista una stilista di hijab che crea modelli stravaganti e assurdi per esplorare il significato culturale del velo.
Nel 2020, con l’artista israeliano Orian Barki, ha creato 2 Lizards, serie di video, inizialmente diffusa a episodi su Instagram e poi presentata in spazi istituzionali come il Whitney Museum. Un racconto surreale dell’esplorazione degli spazi urbani newyorkesi durante la pandemia di COVID-19, dal punto di vista di due lucertole antropomorfizzate. Gli otto brevi video sono ora ospitati nella collezione del Museum of Modern Art e del Whitney Museum of American Art.
For Aicha, film d’arte diretto con Orian Barki, racconta il percorso di accettazione dell’identità sessuale della protagonista e il suo rapporto con la madre. Protagonisti sono sempre umanoidi zoomorfi che interagiscono fra loro. Sciacalli, rane, salamandre, che sostituiscono completamente la presenza umana.
Oltre a saper sfruttare al meglio la commistione di medium differenti, è un’autrice attenta a stabilire un rapporto di empatia con il suo pubblico, le sue narrazioni si muovono sfruttando vari registri emotivi, spesso creando momenti di coinvolgimento sul piano del divertimento e dello stupore.
Vicina a linguaggi come quello moda (insieme alla sorella Zahra ha fondato a Rabat il brand JNOUN), è stata tra le autrici delle Women’s Tale di Miu Miu.
For My Best Family, il suo più grande progetto, frutto di due anni di lavoro, è ospitato alla Fondazione Prada a Milano, fino a febbraio 2025.
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