Mi è toccato questo volto strano, triangolare, questo pan di zucchero o questa polena degna di navi corsare e capelli lunghi, lunari, sulla cresta…
E solo quando grido perché sbatto e solo quando il freddo si promana e solo quando il tempo di peccato m’imbratta, mi chiamano bella. Mi riconoscono umana.
Nina Cassian è una delle più importanti autrici romene del Novecento.
Espressiva e potente, ha scritto oltre quaranta opere tra raccolte poetiche, libri per l’infanzia e traduzioni.
Nata col nome di Renée Annie Cassian-Mătăsaru, il 27 novembre 1924 a Galaṭi, figlia di uno stimato traduttore di classici, trascorse l’infanzia in Transilvania, per poi trasferirsi a Bucarest a metà degli anni Trenta. Nella capitale aveva studiato recitazione, pittura e pianoforte, affermandosi nell’avanguardia artistica del modernismo, di cui è stata un’importante esponente.
Nel 1945 ha pubblicato la sua prima poesia sul giornale România liberă, seguita a due anni di distanza dal volume La scară 1/1 definito decadente dalla critica ufficiale comunista che le impose, in un certo modo, di adeguarsi allo stile encomiastico richiesto dal regime.
Solo nel 1957 è tornata a una poesia svincolata dalla celebrazione ideologica.
Nel 1969 ha ricevuto il Premio dell’Unione degli Scrittori di Romania.
Nel 1985, invitata a tenere un corso di scrittura creativa all’Università di New York, decise di chiedere asilo politico perché era stata presa di mira dalla Securitate, la polizia segreta del dittatore Ceauşescu, per aver trascritto alcuni suoi versi compromettenti nel diario di un amico dissidente.
Dopo il trasferimento, la sua casa venne messa sotto sigilli, opere, documenti, dipinti furono requisiti e il suo nome venne cancellato dai libri di scuola, dalle storie letterarie e dalle antologie.
In una sua lirica aveva scritto, “pur se verrò sepolta in una terra aliena, risorgerò un giorno nella lingua romena“, ricordando il periodo in cui aveva maturato la dolorosa decisione di riparare oltreoceano dove ha vissuto da esule come altri e altre connazionali.
È morta a New York, il 15 aprile 2014, a seguito di un attacco cardiaco.
Nei suoi testi compare una vitalità poetica, una furia creativa caratterizzata da estremizzazioni, parossismi, inventiva. Descrive scenari surreali ma anche ordinari momenti di quotidianità. Compartecipano e collaborano a edificare la sua architettura poetica gli oggetti, gli elementi della natura, i sentimenti, gli animali, molto più che le persone.
I suoi toni sono caustici, arguti, ironici, sempre diretti, spesso malinconici. Colpisce l’atteggiamento di cupo e lucido disincanto e una concezione cinica dell’esistenza.
In Italia la sua opera compare in qualche antologia e solo due suoi libri sono stati tradotti: Inverno e C’è modo e modo di sparire. Poesie 1945-2007.
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