E lei, purché il suo lamento non aumenti il dolore, ha sofferto in segreto e si è cucita la bocca. E lei, come una candela dalla fiamma di rammarico, ballando davanti a tutti, ha bruciato la notte.
Simin Behbahāni, detta “la leonessa dell’Iran“, è stata un’importante poeta e attivista persiana che ha scritto oltre 600 poesie.
Nata il 20 luglio 1927 a Teheran, era figlia di Abbās Khalili, direttore del quotidiano “Eqdām” e Fakhr-e Azamā Arghun, scrittrice e traduttrice colta e all’avanguardia che aveva contribuito a fondare l’associazione “delle donne patriottiche” per fornire educazione e istruzione alle iraniane meno fortunate.
Simin Behbahāni, ispirata da cotanta genitrice, a dodici anni già scriveva versi e ha pubblicato la sua prima poesia su un giornale quando ne aveva solo quattordici.
Dopo uno scontro con la preside che l’accusava di aver scritto in un giornale un anonimo rapporto sulle condizioni sgradevoli del collegio in cui studiava, venne costretta lasciare la scuola.
Da quell’episodio la sua poesia è stata una lunga battaglia contro le ingiustizie.
Sposata a diciassette anni, ebbe tre figli e riprese gli studi fino a laurearsi in giurisprudenza col secondo marito, Manouchehr Koushiyār, morto dopo quattordici anni di matrimonio. A lui ha dedicato il libro Quell’uomo, il mio compagno di strada.
Ha partecipato a conferenze e programmi internazionali su donne e letteratura.
Le sue poesie parlano di condizioni sociali e delle conseguenti ripercussioni nella sfera delle emozioni individuali. Opere di raffinata bellezza caratterizzate da una potente combinazione di passione e impegno sociale.
Ha affrontato temi tabù nella società iraniana, come l’amore, la sessualità e le disuguaglianze di genere, sfidando apertamente le norme culturali e sociali.
La sua arte è stata il riflesso della sua forte personalità e dello spirito indomito.
Figura di rilievo nell’ambiente culturale iraniano, era apprezzata per la capacità di esprimere sentimenti universali con un linguaggio semplice e accessibile.
Durante il regime dell’Ayatollah Khomeini, Simin Behbahāni è stata sottoposta a censura e intimidazioni davanti alle quali non si è mai arrestata e ha continuato a diffondere il suo pensiero attraverso le sue opere e la sua lotta, restando un faro di speranza e resistenza.
La sua voce potente e l’impegno per la libertà e l’uguaglianza sono stati di grande ispirazione per diverse generazioni.
Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti nazionali e internazionali per il suo contributo alla letteratura e alla lotta per i diritti umani.
È morta a Teheran, il 19 agosto 2014.
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